Strider

Se siete tra i fortunati giocatori ad aver provato la versione originale di Strider, il suo remake potrebbe lasciarvi con l’amaro in bocca.

La storia di Hyriu è la canonica storia del ninja armato di buoni propositi che deve salvare il mondo da un malvagio dittatore e portare la pace nella città di Kazakh – tutte cose trite e ritrite che, se un quarto di secolo fa potevano essere evocative nei player da sala giochi, nel 2014 sono troppo inflazionate.

Comunque, tralasciando il discorso trama, soffermiamoci sui punti cardine di un titolo che fa della velocità e dei riflessi il suo punto di forza. Possiamo catalogare il nuovo Strider in una categoria di giochi che attinge direttamente da due noti esponenti del genere action platform, Castlevania e Metroid. Solo che, a differenza di questi ultimi, non risulta specializzato in nessuno dei due generi, trasformandosi così in un ibrido che non sa né di carne e né di pesce, e che si distacca con una netta linea di demarcazione dall’originale, con cui condivide solo il protagonista con la sua sciarpa rossa.

L’articolazione della mappa, che si presenta ampia e diversificata, è un ottimo elemento di variazione rispetto agli esponenti dello stesso genere che suscita nei giocatori mix di reazioni. Quelli superficiali proseguiranno nell’avventura senza badare a cunicoli e passaggi nascosti, mentre saranno contenti i fan degli oggetti collezionabili che avranno pane per i loro denti, dal momento che ne troveranno parecchi per sbloccare bozzetti e contenuti aggiuntivi – in primis, nuovi costumi per il nostro eroe o informazioni importanti sul background della storia.

Il gameplay è quello tipico dei giochi in stile arcade a scorrimento, e si riduce tutto in tre semplici azioni corri-salta-attacca con delle piccole varianti che ci vedono impegnati in fasi di ricerca di bonus e power-up.

Infatti, come accade in questa tipologia di titoli, avanzando nella storia il nostro eroe acquisisce abilità che lo rendono sempre più letale e di conseguenza anche i nemici acquistano maggiore forza e protezioni. Le abilità che Hyriu è in grado di sbloccare sono circa una decina, quasi tutte precedute dallo scontro contro un boss. Parlando dei nemici, invece, un plauso va fatto ai ragazzi di Double Helix che hanno saputo dare un tocco di colore nel mondo cupo che ospita Kazakh City, e che nonostante le poche tipologie presenti offrono un buon livello di sfida. I boss di fine livello sono una variante che spezza la monotonia della formula di base e richiedono una leggera dose di tatticismi per essere sconfitti – niente di così complicato ma resta il fatto che sono un’aggiunta gradevole, oltre ad essere un ottimo pretesto per il rilascio di power-up.

Il mondo di Strider è cupo e poco colorato. Sembrerà di correre all’infinito per ambienti che presentano sempre gli stessi fondali ed edifici, ma non sappiamo se ciò sia espressione della volontà degli sviluppatori di trasmettere il senso di oppressione che il cattivo di turno esercita sulla città o se sia una “semplice” lacuna progettuale. Fatto sta che, quando vogliono, questi  riescono a richiamare fondali evocativi e suggestivi, come le pendici di un vulcano in eruzione che è un tripudio di colori.

La componente audio di Strider è ben riuscita e riesce a coinvolgere il giocatore nell’azione frenetica che gli si pone avanti, complici musiche techno dai ritmi calzanti che si intensificano durante gli scontri con i boss. Buono anche il lavoro svolto in fase di doppiaggio dei personaggi.

Le aggiunte che li sviluppatori hanno fatto in Strider sono varie e invogliano a terminare il gioco ricercando tutti gli sbloccabili presenti in zone ben nascoste, raggiungibili solo dopo aver sbloccato i potenziamenti necessari. Questa caratteristica spingerà a percorrere le stesse zone della mappa più volte, andando a rafforzare quella sensazione di già visto accennata precedentemente.

Se confrontato con Guacamelee, che attualmente rappresenta un degno successore della scuola di Castlevania, lo spensierato e pur divertente Strider non assolve al suo compito in maniera perfetta, complici tutte quelle piccole sbavature che potevano essere tollerate venticinque anni fa ma che oggi risultano intollerabili. Sono queste a relegare il remake fatto dai ragazzi di Double Helix nel limbo dei giochi mediocri; è un peccato comunque dato che il talento mostrato dagli sviluppatori nel riportare in auge Killer Instinct lasciava ben sperare.


Il codice di Strider per la nostra recensione ci è stato fornito da Xbox

Commenti A te la parola, boxaro... Ehm, lettore, pardon.
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